domenica 29 giugno 2025
La legittimità del diniego di conversione del permesso di soggiorno da lavoro stagionale a subordinato nel settore agricolo: il parametro delle 39 giornate lavorative nel trimestre
La legittimità del diniego di conversione del permesso di soggiorno da lavoro stagionale a subordinato nel settore agricolo: il parametro delle 39 giornate lavorative nel trimestre
Abstract:
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza), con sentenza n. 792/2025 (R.G. n. 704/2025), pronunciata il 4 giugno 2025, ha rigettato il ricorso di un cittadino straniero avverso il diniego della Prefettura di Bari alla conversione del permesso di soggiorno da lavoro stagionale a subordinato. La decisione offre spunti significativi sul rapporto tra normativa primaria e atti amministrativi generali (circolari), con particolare attenzione all’interpretazione dell’art. 24, comma 10, del D.Lgs. 286/1998.
1. Introduzione
La sentenza in commento si inserisce nel quadro delle controversie amministrative concernenti la gestione del c.d. “decreto flussi” e, in particolare, le condizioni richieste per la conversione del permesso stagionale. Il ricorrente lamentava che la Prefettura avesse rigettato l’istanza in base a criteri ritenuti illegittimi, tra cui l’adozione del parametro minimo delle 39 giornate di lavoro in agricoltura su base trimestrale, mutuato da circolari ministeriali.
2. Il fatto
Il ricorrente aveva presentato istanza il 4 dicembre 2023, chiedendo la conversione del proprio permesso di soggiorno per lavoro stagionale in permesso per lavoro subordinato, ai sensi dell’art. 24, comma 10, del D.Lgs. 286/1998. Il diniego dell’Amministrazione era motivato dalla mancata prova di una prestazione lavorativa media di almeno 13 giornate mensili nel settore agricolo, nonché dalla ritenuta insufficiente capacità economica del datore di lavoro.
3. La motivazione del TAR
Il TAR ha confermato la legittimità del diniego, ritenendo corretta l’interpretazione amministrativa che quantifica l’attività lavorativa minima in 39 giornate nel trimestre, come previsto dalla circolare ministeriale congiunta n. 5969/2023 e dalla precedente circolare n. 37/2016. Il Collegio ha evidenziato che, in assenza di una specifica indicazione quantitativa nel testo dell’art. 24, comma 10, TUI, spetta all’Amministrazione individuare criteri attuativi, purché ragionevoli e non arbitrari. In tal senso, le 13 giornate mensili per settore agricolo sono considerate un parametro congruo e giustificato dalla natura discontinua del lavoro stagionale.
4. Il principio affermato
La sentenza ribadisce che:
-
Il requisito delle 39 giornate lavorative nel trimestre rappresenta un criterio legittimo per valutare la “regolare attività lavorativa” ai fini della conversione del titolo;
-
Le esperienze lavorative non coerenti con il settore agricolo non possono essere computate nel calcolo;
-
L’insufficiente capacità economica del datore di lavoro, se comprovata, può costituire causa ostativa alla conversione, anche se non imputabile direttamente al lavoratore;
-
Non vi è vizio procedimentale se l’atto è reso conoscibile tramite caricamento su portale (ALI), anche senza notifica a mezzo PEC.
5. Valutazioni critiche
La pronuncia si inserisce in un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato (cfr. Cons. Stato, Sez. III, sent. n. 5721/2020; TAR Lombardia, Sez. IV, sent. n. 1934/2023) che ammette un’ampia discrezionalità amministrativa nella regolazione delle conversioni dei permessi stagionali. Tuttavia, permane un profilo di criticità nell’affidare a circolari – non sempre pubblicate tempestivamente – il compito di determinare requisiti sostanziali per l’accesso a diritti fondamentali connessi al soggiorno.
6. Conclusioni
La sentenza n. 792/2025 del TAR Puglia evidenzia il peso crescente della prassi amministrativa nella definizione degli standard di legalità nel diritto dell’immigrazione, in un contesto normativo lacunoso e non sempre coordinato. Essa conferma l’importanza, per i lavoratori stranieri, di documentare in modo preciso e tempestivo le giornate lavorative effettive e la coerenza settoriale del rapporto di lavoro.
Estremi della pronuncia:
-
Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Sezione Terza
-
Sentenza n. 792/2025
-
R.G. n. 704/2025
-
Data di emissione: 4 giugno 2025
-
Pubblicata il: 10 giugno 2025
Avv. Fabio Loscerbo
Avvocato esperto in diritto dell’immigrazione
sabato 28 giugno 2025
Il mancato rispetto del requisito minimo di attività lavorativa per la conversione del permesso stagionale: rigetto legittimo secondo il TAR Puglia Commento alla sentenza del T.A.R. Puglia – Sez. III, n. 809/2025, R.G. n. 602/2024, depositata il 12 giugno 2025
Il mancato rispetto del requisito minimo di attività lavorativa per la conversione del permesso stagionale: rigetto legittimo secondo il TAR Puglia
Commento alla sentenza del T.A.R. Puglia – Sez. III, n. 809/2025, R.G. n. 602/2024, depositata il 12 giugno 2025
Nel contesto del diritto dell’immigrazione economica, la conversione del permesso di soggiorno da lavoro stagionale a lavoro subordinato rappresenta una possibilità condizionata al rispetto di requisiti normativi rigorosamente disciplinati. Con la sentenza n. 809/2025, il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza) ha confermato la legittimità del rigetto di una richiesta di conversione per mancanza del prescritto requisito di attività lavorativa minimo, ponendo in risalto l'importanza del parametro oggettivo rappresentato dalle "39 giornate lavorative nel trimestre".
La fattispecie riguardava un lavoratore extracomunitario impiegato come bracciante agricolo, il quale aveva svolto 42 giornate di lavoro in 5 mesi. L’istanza di conversione del permesso, presentata presso lo Sportello Unico per l’Immigrazione di Bari, era stata rigettata in quanto non risultava soddisfatta la soglia richiesta di 39 giornate lavorative concentrate in un arco temporale massimo di tre mesi, come ribadito dalla circolare interministeriale n. 5969 del 27 ottobre 2023.
Il TAR ha evidenziato che l’art. 24, comma 10, del d.lgs. n. 286/1998, consente la conversione solo laddove l’attività lavorativa sia stata svolta “per almeno tre mesi”, e che, nel settore agricolo, tale requisito è quantificato proprio nella soglia delle 39 giornate trimestrali, da intendersi come prestazione continuativa e regolare, con copertura contributiva. La soglia temporale deve quindi essere rispettata non solo nel numero, ma anche nella concentrazione entro il trimestre di riferimento.
Significativo è l’approfondimento offerto dal Collegio in ordine alla natura non soggettiva del diritto all’ingresso e al soggiorno per lavoro: l’accesso al territorio nazionale per motivi lavorativi è subordinato a un regime autorizzatorio, inserito in una più ampia cornice di gestione statuale dei flussi migratori, come riconosciuto anche dal diritto dell’Unione Europea. Viene infatti richiamato l’art. 79, par. 5, TFUE, che riafferma la riserva di sovranità degli Stati membri nella determinazione del volume di ingresso per motivi di lavoro.
La pronuncia, in continuità con altre decisioni della medesima sezione (tra cui TAR Puglia, sent. n. 45/2025), ribadisce che l’Amministrazione è vincolata all’applicazione delle condizioni tipiche previste dal Testo Unico Immigrazione e dalle sue circolari attuative, escludendo margini di discrezionalità laddove l’istanza difetti dei presupposti normativi, anche alla luce di pareri tecnici – nel caso specifico, dell’Ispettorato Territoriale del Lavoro.
Il ricorso è stato quindi respinto, con compensazione delle spese di lite, e con dichiarazione di inammissibilità della domanda di ammissione al patrocinio a spese dello Stato per carenza documentale (mancata produzione della certificazione consolare dei redditi esteri o dichiarazione sostitutiva).
Questa decisione conferma l’orientamento secondo cui il diritto al lavoro, pur riconosciuto a livello costituzionale e sovranazionale, non implica un automatismo nel riconoscimento o nella conversione del titolo di soggiorno in assenza dei requisiti positivi stabiliti dalla normativa primaria e dalla prassi consolidata.
Avv. Fabio Loscerbo
Il radicamento sociale come limite all’allontanamento: il Tribunale di Bologna riconosce la protezione speciale ex art. 19, co. 1.1 TUI (Nota a Trib. Bologna, sez. immigrazione, sentenza 12 giugno 2025, n. R.G. 14052/2023)
Il radicamento sociale come limite all’allontanamento: il Tribunale di Bologna riconosce la protezione speciale ex art. 19, co. 1.1 TUI
(Nota a Trib. Bologna, sez. immigrazione, sentenza 12 giugno 2025, n. R.G. 14052/2023)
1. Premessa
Con sentenza del 12 giugno 2025, il Tribunale Ordinario di Bologna – Sezione specializzata in materia di immigrazione – ha accolto il ricorso di un cittadino straniero avverso il diniego della Questura di Bologna al rilascio del permesso di soggiorno per protezione speciale. Il provvedimento si distingue per l’accurata ricostruzione normativa e giurisprudenziale del concetto di “radicamento” quale limite legittimo all’espulsione ai sensi dell’art. 19, comma 1.1, TUI, così come modificato dal D.L. 130/2020 e prima dell’entrata in vigore del D.L. 20/2023.
2. Il contesto normativo
La controversia è stata inquadrata ratione temporis sotto la vigenza del D.L. 130/2020, in quanto la domanda amministrativa per la protezione speciale risale al 7 luglio 2022. In tale contesto, il divieto di refoulement si estendeva anche ai casi in cui l’allontanamento dallo Stato potesse comportare una lesione del diritto al rispetto della vita privata e familiare del richiedente, ex art. 8 CEDU, così come recepito dal secondo periodo del comma 1.1 dell’art. 19 TUI.
Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione (sent. n. 24413/2021) hanno chiarito che tale protezione non ha solo funzione residuale rispetto all’asilo e alla protezione sussidiaria, ma costituisce un vero e proprio diritto soggettivo in presenza di una vita privata consolidata e meritevole di tutela in Italia.
3. I presupposti di fatto
Il ricorrente è presente sul territorio italiano sin dal 2006. Ha regolarizzato più volte la propria posizione soggiornante, è coniugato, vive stabilmente con la moglie in stato di gravidanza e dispone di abitazione in affitto, con regolare contratto di locazione.
La sua posizione lavorativa è solida: è attualmente assunto con contratto a tempo indeterminato e reddito mensile medio di circa € 1.650. Ha ottenuto licenza media e attestato OSS, partecipa attivamente alla vita religiosa e ha dimostrato un’integrazione linguistica e sociale completa, avendo reso l’intera audizione davanti al giudice in lingua italiana.
Il Tribunale ha inoltre riconosciuto il tentativo costante di regolarizzazione e il lungo percorso di permanenza in Italia (quasi 19 anni), sottolineando l’assenza di precedenti penali, la continuità lavorativa e la stabilità familiare come elementi centrali nella valutazione del “radicamento”.
4. La motivazione giuridica
Il Collegio ha richiamato i principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità, in particolare l’ordinanza Cass. n. 7861/2022, secondo cui il radicamento può essere familiare, sociale o cronologico, e il rischio di compromissione del diritto alla vita privata sussiste anche qualora solo uno di questi fattori risulti concretamente integrato.
Nel caso di specie, il giudice ha evidenziato come il ricorrente abbia sviluppato una rete complessa di relazioni affettive, sociali ed economiche tali da rendere sproporzionato un eventuale allontanamento, anche alla luce dei parametri elaborati dalla Corte EDU (sentenza Niemetz c. Germania, 16 dicembre 1992).
Il riconoscimento della protezione speciale si è quindi fondato su una visione pienamente coerente con il principio personalista dell’art. 2 Cost. e con il principio di proporzionalità desumibile dal diritto convenzionale.
5. Conclusioni
Il Tribunale di Bologna ha accolto integralmente il ricorso, disponendo il rilascio del permesso di soggiorno per protezione speciale con durata biennale, rinnovabile e convertibile per motivi di lavoro, ai sensi della disciplina previgente al D.L. 20/2023. Ha infine compensato le spese di lite, rilevando che i fatti posti a fondamento dell’accoglimento sono sopravvenuti rispetto alla decisione amministrativa impugnata.
Questo provvedimento conferma il consolidato orientamento giurisprudenziale che vede nel radicamento sociale e familiare un fondamento sostanziale di tutela della dignità dello straniero regolarmente inserito in Italia.
Avv. Fabio Loscerbo
Il valore non ostativo della scadenza del permesso nella procedura di conversione: una conferma giurisprudenziale Nota a T.A.R. Calabria, Catanzaro, Sez. II, sent. n. 1147/2025, R.G. n. 720/2025, emessa il 25 giugno 2025
Il valore non ostativo della scadenza del permesso nella procedura di conversione: una conferma giurisprudenziale Nota a T.A.R. Calabria, C...
-
Il mancato rispetto del requisito minimo di attività lavorativa per la conversione del permesso stagionale: rigetto legittimo secondo il T...