domenica 27 aprile 2025

Regolarizzazione 2020: Il Consiglio di Stato valorizza la tutela sostanziale dello straniero



Regolarizzazione 2020: Il Consiglio di Stato valorizza la tutela sostanziale dello straniero

Due recenti e importanti pronunce del Consiglio di Stato contribuiscono a chiarire il corretto approccio alla regolarizzazione dei lavoratori stranieri prevista dall’art. 103 del D.L. n. 34/2020, convertito con modificazioni nella legge 17 luglio 2020, n. 77.

Si tratta di decisioni fondamentali che riaffermano un principio essenziale: quando l'irregolarità formale che ostacola la procedura non è imputabile allo straniero, ma deriva da carenze o omissioni imputabili al datore di lavoro o all'amministrazione, il lavoratore conserva il diritto ad ottenere un permesso di soggiorno.

Il primato dei presupposti sostanziali

Con la sentenza n. 3643 del 22 aprile 2024, il Consiglio di Stato ha affermato che il rigetto di una domanda di regolarizzazione, basato su meri profili formali non imputabili al lavoratore, senza un'adeguata verifica della sussistenza sostanziale dei requisiti, comporta una frustrazione irragionevole dell’interesse pubblico primario alla regolarizzazione dei lavoratori stranieri.

Il giudice amministrativo richiama il vincolo di ragionevolezza che deve guidare anche il legislatore nella disciplina della materia, sottolineando che:

  • la regolarizzazione persegue interessi pubblici essenziali, legati sia alla tutela dei diritti fondamentali sia alla funzionalità del mercato del lavoro e dell’economia;

  • lo straniero che ha dimostrato un inserimento sociale e lavorativo effettivo, in assenza di elementi di pericolosità sociale, non può essere penalizzato per irregolarità procedurali a lui non imputabili.

L'interpretazione funzionale e costituzionalmente orientata delle norme impone quindi che, in casi del genere, si riconosca comunque il diritto del lavoratore a vedere tutelata la propria posizione.

Il diritto al permesso per "attesa occupazione"

Una conseguenza pratica di questo orientamento è che, anche in presenza di irregolarità riferibili esclusivamente al datore di lavoro, il cittadino straniero mantiene il diritto a ottenere il permesso di soggiorno per attesa occupazione.
Si evita così che l'interesse legittimo protetto dall’ordinamento venga frustrato per motivi meramente formali.

La conferma: la sentenza n. 7757 del 24 settembre 2024

Con la sentenza n. 7757 del 24 settembre 2024, il Consiglio di Stato ha ribadito e rafforzato questi principi.

In particolare, ha affermato che non solo il datore di lavoro, ma anche il lavoratore straniero ha diritto a partecipare pienamente al procedimento amministrativo, ricevendo le necessarie comunicazioni di garanzia ex legge 241/1990.

La posizione del lavoratore è qualificata e differenziata, perché:

  • è coinvolto direttamente nella stipula del contratto di soggiorno;

  • è destinatario della richiesta di permesso di soggiorno subordinato alla procedura di emersione;

  • partecipa attivamente a tutto il procedimento, a partire dalla verifica di ammissibilità della domanda presso lo Sportello Unico.

Questa impostazione restituisce centralità alla persona straniera nel procedimento di regolarizzazione, in linea con i principi costituzionali di uguaglianza e tutela dei diritti fondamentali.


Conclusioni

Le sentenze del Consiglio di Stato rappresentano un importante passo avanti nel riconoscimento del ruolo e dei diritti dei lavoratori stranieri all'interno del procedimento di regolarizzazione del 2020.
Esse riaffermano che la tutela dei diritti fondamentali non può essere subordinata a formalismi procedurali e che l'amministrazione deve sempre operare in modo ragionevole, equo e funzionale agli interessi pubblici perseguiti dalla legge.

Il principio è chiaro: dove sussistono i presupposti sostanziali, il diritto dello straniero deve essere riconosciuto.


Avv. Fabio Loscerbo
Email: avv.loscerbo@gmail.com
PEC: avv.loscerbo@ordineavvocatibopec.it
Telefono: +39 334 1675274
Sito ufficiale: www.avvocatofabioloscerbo.it



Ho pubblicato il mio nuovo libro: "La Protezione Complementare: Giurisprudenza Anno 2024"


 

Ho pubblicato il mio nuovo libro: "La Protezione Complementare: Giurisprudenza Anno 2024"

Negli ultimi anni, la protezione complementare è diventata uno degli strumenti più importanti nella tutela dei diritti fondamentali dei cittadini stranieri.
Come avvocato da sempre impegnato nella difesa dei richiedenti protezione, ho sentito l’esigenza di raccogliere e analizzare in modo sistematico la giurisprudenza più recente su questa materia.
Da questa esigenza nasce il mio nuovo libro: "La Protezione Complementare: Giurisprudenza Anno 2024", disponibile su Amazon.

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Perché ho scritto questo libro

Nel corso del 2024, ho seguito quotidianamente l’evoluzione della giurisprudenza italiana in materia di protezione complementare.
Ho notato come si sia consolidato un ricco patrimonio di orientamenti che meritava di essere studiato, raccolto e reso facilmente fruibile a tutti gli operatori del diritto.
Troppe volte, la frammentarietà delle decisioni rende difficile individuare una linea chiara.
Con questo libro ho voluto mettere ordine, fornendo un quadro completo e aggiornato di tutte le decisioni più rilevanti emesse dai Tribunali ordinari e dalle Sezioni Specializzate in materia di immigrazione.


Cosa contiene il libro

"La Protezione Complementare: Giurisprudenza Anno 2024" è molto più di una semplice raccolta di sentenze.
In ogni provvedimento analizzato ho inserito:

  • il riassunto dei fatti di causa;

  • il ragionamento giuridico adottato dai giudici;

  • le osservazioni pratiche per l'attività difensiva;

  • l’indicazione delle norme applicate, con particolare attenzione agli articoli 19, commi 1 e 1.1, del D.Lgs. 286/1998.

L'obiettivo è stato quello di creare uno strumento operativo, utile per chi ogni giorno lavora per garantire i diritti dei migranti, ma anche per chi vuole approfondire in modo serio una materia che è oggi di grande rilevanza costituzionale e sociale.


A chi si rivolge

Questo libro è pensato per:

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Ho voluto scrivere in uno stile chiaro ma rigoroso, che consentisse sia una consultazione rapida per esigenze pratiche, sia uno studio più approfondito per chi voglia cogliere i nodi interpretativi più significativi.


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Negli ultimi anni, la protezione complementare ha assunto un ruolo sempre più centrale nel nostro sistema di tutela:

  • Si tratta di una protezione strettamente collegata ai diritti umani fondamentali;

  • È destinata a chi, pur non rientrando nei criteri dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria, non può essere rimpatriato senza violare il principio di non refoulement;

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Comprendere pienamente la protezione complementare, oggi, significa difendere i principi fondamentali su cui si basa il nostro Stato di diritto.


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Questo libro rappresenta un passo ulteriore del mio impegno quotidiano come avvocato e come studioso.
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Avv. Fabio Loscerbo

giovedì 24 aprile 2025

Tutela dell’unità familiare e carta di soggiorno per ex coniuge: la nozione estensiva di “familiare” alla luce della sentenza del Tribunale di Bologna del 2 ottobre 2024

 

Tutela dell’unità familiare e carta di soggiorno per ex coniuge: la nozione estensiva di “familiare” alla luce della sentenza del Tribunale di Bologna del 2 ottobre 2024

Avv. Fabio Loscerbo
Foro di Bologna

La sentenza del Tribunale di Bologna del 2 ottobre 2024 affronta un tema giuridico di particolare attualità e rilievo: la possibilità di riconoscere il diritto al rilascio della carta di soggiorno per familiare di cittadino dell’Unione europea anche in favore dell’ex coniuge che versi in una condizione di grave vulnerabilità e riceva assistenza stabile e continuativa da parte del cittadino UE.

Il caso

Il ricorrente, cittadino straniero residente in Italia dal 1989, aveva contratto matrimonio con una cittadina dell’Unione europea, con la quale aveva avuto due figli. In seguito al divorzio, era sopravvenuta una grave condizione di invalidità, con l’insorgenza di patologie altamente debilitanti. In tale contesto, il rapporto con l’ex moglie si era trasformato nuovamente in una relazione stabile di convivenza e assistenza, in cui la donna rappresentava l’unico supporto economico e materiale del ricorrente.

A fronte di una situazione di evidente dipendenza, il cittadino straniero presentava istanza per il rilascio della carta di soggiorno per familiare di cittadino UE ai sensi dell’art. 10 del D.Lgs. 30/2007. La Questura, tuttavia, rigettava la richiesta, ritenendola irricevibile per insussistenza del rapporto di coniugio.

Il quadro normativo e giurisprudenziale

Il Tribunale di Bologna, con un’accurata ricostruzione del quadro normativo nazionale ed eurounitario, ha riconosciuto il diritto del ricorrente al rilascio del titolo di soggiorno, valorizzando una lettura estensiva e costituzionalmente orientata dell’art. 3, comma 2, della Direttiva 2004/38/CE e del corrispondente art. 3 del D.Lgs. 30/2007.

Secondo tali norme, gli Stati membri devono “agevolare” l’ingresso e il soggiorno di ogni altro familiare che non rientri nella definizione ristretta dell’art. 2, ma che conviva con il cittadino UE o sia da questi assistito per gravi motivi di salute.

Richiamando il fondamentale considerando n. 6 della direttiva, che sancisce l’obiettivo di “preservare l’unità della famiglia in senso più ampio”, il Tribunale ha fatto leva sul principio dell’interpretazione funzionale e teleologica del diritto dell’Unione, avvalorata anche dalla sentenza della Corte di Giustizia UE, causa C-22/21 (SRS) del 15 settembre 2022.

La nozione ampia di “familiare”

La Corte di Giustizia ha chiarito che rientra nella categoria di cui all’art. 3, comma 2, chi intrattenga un rapporto di dipendenza stabile e personale con il cittadino UE, sviluppatosi in un contesto familiare e non meramente convivenziale. Non rileva, in altri termini, la qualifica giuridica del legame, quanto piuttosto la concretezza della relazione di assistenza e coesione domestica.

Il Tribunale di Bologna, sulla base di questa autorevole interpretazione, ha dunque riconosciuto il diritto del ricorrente alla carta di soggiorno, ribadendo che la convivenza e l’assistenza ricevuta dall’ex coniuge costituiscono requisiti sufficienti, alla luce della ratio della normativa UE, finalizzata alla protezione della vita familiare anche in situazioni atipiche e vulnerabili.

Conclusioni

La decisione si inserisce in una progressiva evoluzione giurisprudenziale volta a superare l’approccio formalistico alla nozione di “familiare” nei rapporti tra cittadini di Paesi terzi e cittadini dell’Unione. Essa afferma con forza un principio di solidarietà familiare sostanziale, che tiene conto delle reali dinamiche affettive, assistenziali e sociali all’interno del nucleo, anche al di fuori del vincolo coniugale.

In un contesto normativo che richiede flessibilità e attenzione ai diritti fondamentali della persona, la pronuncia del Tribunale di Bologna merita di essere segnalata per la capacità di coniugare legalità, umanità e tutela della dignità individuale.

sabato 19 aprile 2025

Accoglimento della misura cautelare in materia di protezione speciale – Tribunale di Torino, decreto del 11 aprile 2025, R.G. 6600/2025

 Accoglimento della misura cautelare in materia di protezione speciale – Tribunale di Torino, decreto del 11 aprile 2025, R.G. 6600/2025

Autore: Avv. Fabio Loscerbo


Introduzione

Con provvedimento del 11 aprile 2025, il Tribunale Ordinario di Torino – Nona Sezione Civile – ha accolto l’istanza cautelare proposta nell’ambito di un procedimento promosso ai sensi dell’art. 281 undecies c.p.c., disponendo la sospensione dell’efficacia esecutiva di un provvedimento amministrativo di rigetto concernente una richiesta di permesso di soggiorno per protezione speciale.

Il caso riveste interesse per due ordini di motivi: da un lato per l’immediato ripristino delle condizioni giuridiche del ricorrente sul territorio nazionale mediante la restituzione della ricevuta del titolo di soggiorno, dall’altro per la conferma dell’applicabilità del rito semplificato di cognizione ai procedimenti in materia di immigrazione ai sensi dell’art. 19 del D.Lgs. 286/98.


Il quadro fattuale e normativo

La vicenda prende le mosse dal rigetto di una domanda di permesso per protezione speciale ex art. 19, comma 1.1, TUI. Il provvedimento amministrativo impugnato veniva ritenuto viziato dalla difesa del ricorrente, sia per carenza motivazionale, sia per l’assenza di una adeguata valutazione delle circostanze personali e familiari, documentate con allegazioni successive al deposito della domanda.

In parallelo, il ricorrente aveva attivato un percorso d’integrazione lavorativa e abitativa documentato, corredato da buste paga, contratto di apprendistato e residenza stabile in Italia. L’effettiva attivazione dell’inserimento socio-lavorativo ha costituito elemento centrale nella valutazione del giudice.

In questo contesto è stato attivato il rito semplificato di cognizione previsto dagli articoli 281 decies e ss. c.p.c., con contestuale istanza cautelare volta a sospendere l’efficacia del rigetto.


La motivazione del Tribunale

Nel provvedimento dell’11 aprile 2025, il Collegio – composto dai magistrati Dott. Andrea Natale (Presidente), Dott.ssa Silvia Carosio e Dott.ssa Sara Perlo – ha ritenuto, “sulla base dei documenti depositati e di una valutazione meramente sommaria qual è quella che tipicamente connota la presente fase,” di dover accogliere l’istanza di sospensiva.

Conseguentemente, è stata disposta la sospensione dell’efficacia esecutiva del provvedimento impugnato e il diritto del ricorrente ad ottenere dalla Questura competente la restituzione della ricevuta del titolo di soggiorno provvisorio.

Inoltre, è stata fissata udienza di comparizione delle parti, ai sensi dell’art. 281 undecies c.p.c., per il giorno 22 ottobre 2025.


Rilievi critici e riflessioni

Il decreto in esame si inserisce in una ormai consolidata giurisprudenza di merito che riconosce la centralità del diritto al rispetto della vita privata e familiare nei giudizi relativi alla protezione speciale. È altresì significativo il richiamo, implicito ma evidente, al principio del favor integrazione, quale criterio ermeneutico per la tutela effettiva dei diritti fondamentali degli stranieri regolarmente integrati sul territorio nazionale.

L’adozione di una misura cautelare urgente, in attesa della definizione del merito, si rivela funzionale alla tutela dei diritti sociali ed economici del ricorrente, evitando effetti pregiudizievoli irreversibili legati all’esecuzione di un provvedimento di rigetto (es. licenziamento, espulsione, perdita della rete familiare e abitativa).


Conclusioni

Il decreto del Tribunale di Torino delinea una prassi virtuosa nell’utilizzo degli strumenti del processo civile semplificato per garantire una tutela rapida ed effettiva in materia di immigrazione. La sospensione della decisione amministrativa fino alla definizione della controversia si pone a presidio del principio di proporzionalità e del diritto al soggiorno temporaneo nei casi in cui emergano elementi concreti di radicamento.

Questa decisione si inserisce coerentemente nel solco tracciato da numerosi Tribunali italiani in materia di protezione speciale e conferma la legittimità dell’azione cautelare anche in presenza di un rigetto motivato con formula standardizzata e priva di effettiva ponderazione individuale.


Avv. Fabio Loscerbo

Sospensione del Decreto di Espulsione a seguito della Richiesta di Protezione Internazionale: Giudice di Pace di Ravenna, Ordinanza del 16 aprile 2025 – R.G. 319/2025

 

Sospensione del Decreto di Espulsione a seguito della Richiesta di Protezione Internazionale: Giudice di Pace di Ravenna, Ordinanza del 16 aprile 2025 – R.G. 319/2025

Avv. Fabio Loscerbo

1. Introduzione

Con ordinanza resa in data 16 aprile 2025, nel procedimento R.G. 319/2025, il Giudice di Pace di Ravenna ha disposto la sospensione dell’efficacia esecutiva di un decreto di espulsione emesso nei confronti di una cittadina straniera, accogliendo l’istanza cautelare presentata nell’ambito di un ricorso proposto ai sensi dell’art. 13, comma 8, del D.lgs. 286/1998.

Il caso affrontato rappresenta un’occasione utile per riflettere sull’efficacia giuridica della presentazione della domanda di protezione internazionale e sulla rilevanza che tale elemento assume nell’ambito del giudizio di legittimità avverso i provvedimenti espulsivi.

2. Il contesto normativo e giurisprudenziale

Secondo una consolidata giurisprudenza della Corte di Cassazione – da ultimo confermata con l’ordinanza n. 9610 del 10 aprile 2024 – la presentazione di una domanda di protezione internazionale non comporta l’automatica nullità o invalidità del decreto di espulsione eventualmente emesso in data anteriore o contestuale, bensì ne sospende l’efficacia esecutiva, fintanto che non sia definita la relativa procedura.

Tale principio discende direttamente dall’art. 35-bis del D.lgs. 25/2008 e dall’art. 19 del D.lgs. 286/1998, che garantiscono allo straniero il diritto a non essere allontanato dal territorio nazionale fino a quando penda una decisione sulla sua domanda di protezione. L’adozione del permesso di soggiorno provvisorio rilasciato dalla Questura in seguito alla formalizzazione della richiesta di asilo rappresenta un indice concreto della pendenza del procedimento e dell'inapplicabilità, in tale frangente, dell'esecuzione forzata del decreto espulsivo.

3. La decisione del Giudice di Pace di Ravenna

Nel caso di specie, il Giudice ha valorizzato due elementi centrali:

  • La presentazione della domanda di protezione internazionale da parte della ricorrente in data 20 gennaio 2025, immediatamente successiva alla notifica del decreto di espulsione;

  • Il rilascio del permesso di soggiorno provvisorio da parte della Questura di Ravenna nella medesima data, a riprova dell’instaurazione del procedimento amministrativo ex art. 26 D.lgs. 25/2008.

Sulla base di tali circostanze, il Giudice ha ritenuto sussistenti i presupposti per disporre la sospensione dell’efficacia esecutiva del provvedimento prefettizio, precisando altresì che il procedimento avrebbe dovuto rimanere sospeso fino alla definizione della domanda di protezione internazionale.

4. La tutela cautelare nei procedimenti contro l’espulsione

Il provvedimento si inserisce nel solco di una giurisprudenza ormai consolidata che riconosce al giudice ordinario la possibilità di intervenire in via cautelare per impedire l’esecuzione di atti amministrativi lesivi di diritti fondamentali, come quelli derivanti dall’art. 10 Cost. e dall’art. 3 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.

La sospensione del decreto di espulsione rappresenta, in questi casi, l’unica forma di tutela effettiva per evitare il rischio che il ricorrente sia allontanato coattivamente prima che la sua situazione venga esaminata in sede amministrativa e giurisdizionale. La misura cautelare, pertanto, si pone a presidio del diritto di difesa, del diritto al contraddittorio e della presunzione di non refoulement.

5. Osservazioni conclusive

L’ordinanza del Giudice di Pace di Ravenna assume rilievo non solo per l’immediata efficacia sospensiva del decreto di espulsione, ma anche per il suo valore di conferma di un principio di civiltà giuridica: non è possibile allontanare uno straniero che abbia attivato un legittimo procedimento di protezione, salvo che tale richiesta non sia manifestamente strumentale, fattispecie che nel caso di specie non è stata neppure contestata.

Si tratta di un provvedimento conforme al diritto nazionale, al diritto UE e alla giurisprudenza della Corte EDU, che sottolinea il ruolo centrale del giudice di pace nella tutela dei diritti fondamentali nel contesto delle misure amministrative di allontanamento.


Avv. Fabio Loscerbo

Il Tribunale di Bologna riconosce la protezione speciale: R.G. 9465/2024, sentenza del 14 aprile 2025

 

Il Tribunale di Bologna riconosce la protezione speciale: R.G. 9465/2024, sentenza del 14 aprile 2025

di Avv. Fabio Loscerbo

Con sentenza n. 935/2025, pubblicata il 14 aprile 2025 (R.G. 9465/2024), il Tribunale Ordinario di Bologna – Sezione Specializzata in materia di Immigrazione – ha accolto il ricorso proposto da una cittadina albanese, annullando il diniego della Questura di Modena e riconoscendo in suo favore il diritto al rilascio del permesso di soggiorno per protezione speciale, ai sensi dell’art. 19, commi 1 e 1.1, del D.lgs. 286/98.

1. La cornice normativa

La decisione si colloca nel quadro della normativa vigente prima dell’entrata in vigore del D.L. 20/2023, come previsto dall’art. 7, comma 2, della stessa fonte normativa: per le domande presentate prima dell’entrata in vigore del decreto, o già oggetto di invito alla formalizzazione da parte della Questura, continua ad applicarsi la disciplina previgente. Ne consegue che il permesso per protezione speciale ha durata biennale, è rinnovabile ed è convertibile in permesso per motivi di lavoro.

La Corte bolognese compie un’approfondita analisi della riforma introdotta dal D.L. 130/2020, la quale ha ancorato espressamente la protezione speciale anche alla tutela del diritto alla vita privata e familiare ex art. 8 CEDU, ampliando il paradigma giurisprudenziale precedentemente sviluppato in materia di protezione umanitaria.

2. I criteri di valutazione: vita privata e radicamento

Il Collegio richiama la giurisprudenza delle Sezioni Unite della Cassazione (n. 24413/2021) e l’ordinanza interlocutoria n. 28316/2020, evidenziando come il diritto al rispetto della vita privata e familiare vada interpretato in chiave estensiva, anche alla luce delle pronunce della Corte EDU. In particolare, si ribadisce che il “radicamento” dello straniero non può essere valutato solo in base alla durata della permanenza o alla titolarità di un contratto di lavoro, ma anche sulla base della rete di relazioni, dell’identità sociale, della partecipazione alla vita collettiva e culturale.

Nel caso esaminato, la ricorrente vive da otto anni in Italia, ha una relazione affettiva stabile con un cittadino straniero titolare di protezione speciale, è occupata con contratto a tempo indeterminato e ha prodotto documentazione comprovante redditi, domicilio, vita relazionale e assenza di pericolosità sociale attuale. Tali elementi, secondo il Tribunale, integrano una vita privata consolidata e non possono essere sacrificati senza che si realizzi un vulnus al diritto sancito dall’art. 8 CEDU.

3. Il superamento del criterio esclusivo della “integrazione lavorativa”

Un passaggio rilevante della sentenza consiste nel superamento dell’approccio riduzionista secondo cui la protezione speciale debba fondarsi unicamente sull’inserimento lavorativo. Il Tribunale chiarisce, invece, che l’integrazione va letta in senso olistico, comprendente anche la dimensione affettiva, abitativa, linguistica e sociale. La decisione si allinea pertanto all’indirizzo più avanzato in giurisprudenza, che riconosce il “diritto a non essere sradicati” come nucleo essenziale della tutela dei diritti fondamentali.

4. Le conseguenze giuridiche

Oltre al riconoscimento della protezione speciale, la sentenza stabilisce che il relativo permesso dovrà essere rilasciato con le caratteristiche della vecchia disciplina: durata biennale, possibilità di svolgere attività lavorativa, rinnovabilità e convertibilità. Si dichiara inoltre la compensazione integrale delle spese di lite, evidenziando la natura meramente difensiva della pretesa del ricorrente.

5. Osservazioni conclusive

Questa sentenza rafforza ulteriormente l’orientamento secondo cui la protezione speciale – soprattutto nella sua declinazione fondata sulla vita privata – rappresenta oggi l’unica forma di tutela residuale per le persone straniere che, pur non rientrando nelle forme tipiche di protezione internazionale, abbiano costruito in Italia un percorso stabile, dignitoso e coerente con i valori costituzionali.

In tal senso, il Tribunale di Bologna si conferma come punto di riferimento nazionale nella giurisprudenza in materia di immigrazione, nella direzione di un’applicazione coerente dei principi costituzionali, convenzionali e sovranazionali.


Avv. Fabio Loscerbo

domenica 13 aprile 2025

Effettività della notifica e diritto di difesa nei procedimenti in materia di asilo: il Tribunale di Roma chiarisce i limiti della conoscenza informale del provvedimento

 Effettività della notifica e diritto di difesa nei procedimenti in materia di asilo: il Tribunale di Roma chiarisce i limiti della conoscenza informale del provvedimento

Avv. Fabio Loscerbo

Con decreto del 9 ottobre 2024 (R.G. 22188/2021), il Tribunale di Roma si è pronunciato su un ricorso ex art. 35-bis del d.lgs. 25/2008 presentato da un richiedente asilo ivoriano, rigettando la domanda di riconoscimento della protezione internazionale ma accogliendo quella per protezione speciale. Il decreto contiene un passaggio di particolare interesse sotto il profilo processuale, con riferimento alla tempestività del ricorso e alla validità della notifica del provvedimento impugnato.

Secondo quanto sostenuto in giudizio dall’Amministrazione dell’interno, il ricorrente sarebbe stato a conoscenza della decisione di rigetto della Commissione territoriale di Cagliari per effetto della consegna informale del provvedimento, benché la notifica non fosse ancora avvenuta nelle forme prescritte. Di conseguenza, secondo la difesa erariale, il termine per la proposizione del ricorso sarebbe dovuto decorrere da quel momento.

Il Tribunale, tuttavia, ha smentito tale ricostruzione, chiarendo che il provvedimento impugnato è stato formalmente conosciuto dal ricorrente solo in seguito all’accesso agli atti, e che non può attribuirsi rilievo giuridico alla semplice consegna informale priva delle garanzie previste dalla legge in materia di notificazione.

La certezza giuridica nella decorrenza dei termini

La pronuncia si inserisce in un filone giurisprudenziale che tutela la certezza dei rapporti giuridici e il diritto di difesa. Come chiarito dal Tribunale, ritenere sufficiente una presa di conoscenza informale del provvedimento – priva di prova documentale, avviso di ricevimento o relata di notifica – equivarrebbe a introdurre una zona grigia nella determinazione del dies a quo, compromettendo tanto il principio della certezza del diritto quanto quello dell’economia processuale.

Sotto il primo profilo, si rischierebbe di fondare la decadenza del diritto di azione su una data incerta, unilaterale e difficilmente dimostrabile, in contrasto con il principio per cui le decadenze processuali devono sempre poggiare su atti formali e verificabili.

Sotto il secondo profilo, il riconoscimento di effetti alla conoscenza informale potrebbe moltiplicare inutili contenziosi, costringendo i giudici a pronunciarsi su eccezioni preliminari relative alla tempestività sulla base di elementi indeterminati, anziché favorire la concentrazione processuale sui profili sostanziali.

Il diritto a un ricorso effettivo e la forma della notifica

La decisione si collega direttamente al principio sancito dagli artt. 13 CEDU e 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, secondo cui ogni persona ha diritto a un ricorso effettivo. L’effettività del ricorso implica non solo l’accesso alla giustizia, ma anche la possibilità di esercitare un diritto di difesa consapevole, che presuppone la piena conoscenza dell’atto da impugnare nelle forme legali previste.

In tal senso, la notificazione del provvedimento amministrativo costituisce non una mera formalità, ma un presidio di legalità e tutela per il destinatario. Il suo perfezionamento secondo le modalità previste dalla legge – ad esempio mediante raccomandata con avviso di ricevimento – è condizione necessaria affinché possa validamente iniziare a decorrere il termine per proporre ricorso.

Conclusioni

Il Tribunale di Roma riafferma un principio fondamentale: il termine per proporre ricorso decorre solo dalla notifica rituale del provvedimento e non da forme informali di conoscenza che, per quanto possano ritenersi avvenute, non offrono garanzie idonee a tutelare il diritto di difesa.

In materia di protezione internazionale, dove le conseguenze della decisione amministrativa possono incidere su beni primari come la libertà personale o l’integrità psicofisica, ogni limitazione del diritto a impugnare deve essere fondata su presupposti certi, formali e verificabili. Solo così si garantisce un effettivo accesso alla giustizia, conforme ai principi costituzionali e sovranazionali.

Avv. Fabio Loscerbo

Regolarizzazione 2020: Il Consiglio di Stato valorizza la tutela sostanziale dello straniero

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